La persona al centro: nel counseling, e dentro il counseling sociale
Nel mondo sempre più veloce, performativo, distratto, in cui spesso il valore
dell’essere umano viene misurato in base a ciò che produce, a quanto rende, a
quanto risponde alle aspettative esterne, il counseling si presenta come un gesto
radicale di ascolto, di rispetto, di incontro autentico.
Affermare che “la persona è al centro” non è uno slogan. È una presa di posizione
culturale, etica, politica nel senso più nobile del termine. Significa riconoscere che
ogni individuo porta con sé una storia unica, fatta di desideri, ferite, paure, sogni,
contraddizioni. Significa accogliere la persona nella sua interezza, nel suo essere
corpo, mente, emozioni, relazioni, spirito.
Nel counseling relazionale, la centralità della persona si traduce nella qualità della
relazione che si instaura: uno spazio protetto, libero da giudizi, in cui la parola può
tornare a fiorire, e il silenzio può finalmente respirare. È qui che il cambiamento si
fa possibile, non come imposizione, ma come germoglio che nasce dall’interno, da
un ascolto profondo, da una nuova consapevolezza di sé.
Ma c’è un ulteriore passo, un’evoluzione naturale e necessaria del counseling: il
counseling sociale. Qui, la persona non è solo “al centro”: è dentro. Dentro la
complessità dei sistemi sociali, dentro i contesti di marginalità, dentro le dinamiche
collettive che influenzano, modellano e a volte comprimono la libertà individuale.
Qui, la persona non è solo “al centro”: è dentro.
È dentro come un cuore che pulsa nel corpo vivo della comunità.
È dentro come un seme nella terra, fragile ma pieno di potenza.
È dentro come un respiro che non chiede permesso, ma tiene in vita.
Dire che la persona è “al centro” significa riconoscerne il valore, proteggerne la
dignità, costruire attorno a lei un sistema che l’ascolti e la sostenga.
Ma dire che la persona è dentro, significa molto di più.
Significa riconoscere che non esiste un “fuori” da cui osservare la vita dell’altro.
Che non esiste counseling, relazione d’aiuto, servizio sociale, che possa davvero
operare senza essere immerso nell’umanità dell’altro.
Significa comprendere che ogni persona non è un caso, un’utenza, un numero, ma
è un’eco di noi stessi. Che quando ci mettiamo in ascolto di qualcuno, ci stiamo
ascoltando come società intera.
Essere “dentro” vuol dire appartenere.
Essere intrecciati. Essere coinvolti. Vuol dire che il dolore dell’altro non è qualcosa
che si osserva da lontano con empatia compassata, ma qualcosa che ci
attraversa, che ci interroga, che ci chiede una responsabilità e trasformazione.
Nel counseling sociale, questa immersione è fondamentale.
La persona è dentro perché è parte del tessuto vivo della realtà, con le sue storie,
le sue fatiche, le sue speranze. E il counselor non si pone di fronte, ma accanto.
Cammina con…condivide un tratto di strada, senza colonizzare l’altro con risposte
preconfezionate, ma donando domande che aprono spazi di possibilità.
Dentro, la persona è soggetto e non oggetto. È co-autrice del proprio percorso. È
portatrice di senso, anche quando sente di averlo perso.
Dentro, la persona non viene mai “salvata” dall’esterno, ma si ri-scopre capace,
sostenuta da uno sguardo che non giudica, ma accompagna.
E chi accompagna, è dentro anche lui. Dentro con il cuore, con la mente, con la
carne viva della propria umanità. Dentro con le sue imperfezioni, le sue domande, i
suoi limiti.
Perché il counseling, se è davvero sociale, non crea distanze, ma ponti. Non
definisce ruoli fissi, ma spazi di relazione in cui si cresce insieme.
Per questo noi diciamo che la persona è dentro.
Perché non si può aiutare veramente qualcuno restando fuori dalla sua storia.
Perché non esiste una formazione autentica che non passi prima per una
immersione radicale nell’umano.
E allora sì: nel nostro Centro Formativo Inclusivo Deux Mondes, questo è il punto
di partenza.
Un luogo dove non si studia il counseling come tecnica da applicare “su
qualcuno”, ma come arte di abitare le relazioni, di lasciarsi toccare, di imparare a
stare.
Dentro… Con… Per…
È un cambio di paradigma profondo: si passa dall’io al noi, senza mai perdere di
vista l’unicità dell’individuo. Perché dentro ogni storia personale c’è anche un
riflesso della storia collettiva, e ogni gesto di cura individuale può diventare seme
di trasformazione sociale.
In questo orizzonte si colloca il nostro impegno con il Centro Formativo Inclusivo
Deux Mondes. Non vogliamo solo formare counselor. Vogliamo formare persone
consapevoli, capaci di leggere il mondo, di abitarlo con empatia e senso critico, di
essere ponte tra i bisogni e le possibilità, tra il silenzio e la parola, tra il dentro e il
fuori.
Vogliamo creare uno spazio dove la formazione sia un atto di amore e
responsabilità, dove la conoscenza non sia mai separata dall’esperienza umana,
dove ogni allievo possa non solo imparare tecniche, ma ritrovare sé stesso in
relazione con l’altro e con la comunità.
Perché la persona è al centro, sì. Ma soprattutto, è dentro. Dentro il tessuto della
vita, dentro i processi sociali, dentro un mondo che ha bisogno, oggi più che mai,
di cura, di senso e di umanità.


A cura di Patrizia Truglia

Counselor professionista direttore didattico del “Centro Formativo-Iinforativo-Inclusivo Deux Mondes”